Patteggiamento in fase esecutiva ex art. 188 Disp. Att. C.P.P. – IL CASO
Rogatoria ex art. 666 comma 4 C.P.P. per esame condannato detenuto
Tizio subisce due procedimenti penali, uno per rissa e lesioni personali e l’altro per molteplici episodi di cessione di sostanze stupefacenti di vario genere;
La rissa avviene il 2 marzo 2013 e le molteplici condotte di cessione, tra il novembre 2012 ed il febbraio 2013.
Il primo procedimento viene definito all’udienza 9.07.2013 con sentenza ex art. 444 c.p.p. alla pena concordata di 1 anno di reclusione che diventa irrevocabile il 2.11.2013; il secondo invece, a causa della complessità delle indagini preliminari che coinvolge diverse persone, arriva a processo solo il 17.06.2015 e viene anch’esso definito con sentenza di patteggiamento alla pena di anni 3 e mesi 8 di reclusione che diventa irrevocabile il 6.05.2016.
QUESTIONE GIURIDICA
può Tizio, e con quali forme, chiedere l’applicazione dell’istituto della continuazione ex art. 81 c.p. per il medesimo disegno criminoso tra le due sentenze passate in giudicato?
CONSIDERAZIONI IN DIRITTO
- I.L’istituto da prendere in esame è certamente quello di cui all’art. 671 c.p.p. ovvero la possibilità riconosciuta al condannato di chiedere al giudice dell’esecuzione l’applicazione della disciplina del concorso formale o del reato continuato, e dunque un trattamento sanzionatorio più favorevole rispetto al cumulo materiale delle pene, nel caso di più sentenze (o decreti penali) irrevocabili pronunciate in procedimenti distinti contro la stessa persona;
- II.La giurisprudenza sia di legittimità che di merito sono, in larga parte, d’accordo che laddove sussistano gli elementi idonei per poter applicare l’istituto previsto dall’art. 81 c.p., ed in particolare il medesimo disegno criminoso tra le due condotte giudicate con sentenza irrevocabile, l’intangibilità del giudicato non è di ostacolo alla rideterminazione del cumulo delle pene in senso più favorevole al condannato in conseguenza del nuovo calcolo sulla pena che opererà il giudice dell’esecuzione.
Ciò posto, il fondamento del procedimento esecutivo ex art. 671 c.p.p. è rappresentato dal fatto che le due condotte giudicate separatamente siano state il frutto di un’unica determinazione volitiva e che siano state l’espressione di un medesimo disegno criminoso sì da poter ritenere sussistente il vincolo della continuazione. A Tanto si aggiunge che la norma, riformata del 2006, ha valorizzato lo status di tossicodipendente laddove ha stabilito che “fra gli elementi che incidono sull’applicazione della disciplina del reato continuato, vi è la consumazione di più reati in relazione allo stato di tossicodipendenza”, con evidente volontà del legislatore di attenuare le conseguenze penali della condotta sanzionatoria con riguardo ai reati che siano collegati e dipendenti da tale stato.
- III.Nel caso in esame vi è un ulteriore istituto giuridico da prendere in esame, che è quello previsto dall’art. 188 disp. att. al c.p.p. il quale prevede la possibilità di chiedere al giudice dell’esecuzione l’applicazione della disciplina del concorso formale o del reato continuato ratificando addirittura un accordo intervenuto tra condannato e pubblico ministero sull’entità della pena e questo nell’esclusivo caso di più sentenze di patteggiamento pronunciate in procedimenti distinti contro la stessa persona.
La ratio della norma è quella di consentire un accordo anche in fase esecutiva, tra il condannato ed il Pubblico Ministero, sul cumulo di pena da eseguire, qualora vi siano stati precedenti patteggiamenti e sempre che, resta inteso, vi siano le condizioni per considerare i diversi fatti giudicati avvinti dal vincolo della continuazione ex art. 81. C.p.
In buona sostanza in caso di più sentenze di patteggiamento potrà essere convalidato un ulteriore accordo, in fase esecutiva, tra pubblico ministero e condannato avente ad oggetto l’entità della pena da scontare nel caso in cui vi sia il medesimo disegno criminoso tra i diversi fatti giudicati.
Giusto corollario della norma, in perfetta aderenza all’istituto del patteggiamento in fase cognitiva, il limite posto all’entità della pena sulla quale può intervenire l’accordo che non può mai superare i 5 anni di reclusione. In aderenza invece all’istituto dell’art. 671 c.p.p., la possibilità per il giudice di decidere sull’applicazione del reato continuato anche in caso di disaccordo del p.m., se ritenuto ingiustificato.
RISOLUZIONE IN FATTO E DIRITTO DELLA QUESTIONE
Preliminare è la verifica della sussistenza della medesima matrice volitiva in capo all’agente quando ha posto in essere le due condotte definite con patteggiamento e tanto a prescindere dalla natura non omogenea dei reati commessi in quanto anche quelli eterogeni, per concorde giurisprudenza, possono essere posti in continuazione tra loro se sorretti dal medesimo intento volitivo.
Nel caso che ci occupa si è potuto riscontrare, attraverso l’attività difensiva, che la rissa e le lesioni personali ascritte a Tizio, avvenute il giorno 2.03.2013, erano state poste in essere nei confronti di un soggetto, Caio, coinvolto in attività illecite di spaccio di sostanze stupefacenti proprio nel periodo che andava dal novembre 2012 al febbraio 2013 e nello stesso locus commissi delicti.
La difesa ha dunque promosso incidente di esecuzione al fine di dimostrare che tra le plurime condotte di cessione di sostanze stupefacenti, ascritte a Tizio nel periodo tra il novembre 2012 ed il febbraio 2013 e la rissa e lesioni personali avvenute il 2.03.2013, vi fosse il medesimo disegno criminoso e per l’effetto ha chiesto al giudice dell’esecuzione di applicare l’istituto della continuazione ed il conseguente trattamento sanzionatorio più favorevole.
Oltre alla documentazione dalla quale emergeva il coinvolgimento di Caio in condotte di cessioni di sostanze stupefacenti in quel periodo, alcune peraltro commesse addirittura in concorso con Tizio, la difesa ha richiesto al Giudice dell’esecuzione che l’istante potesse essere sentito sulla circostanza.
In quanto detenuto presso altra circoscrizione di Corte di Appello, il suo esame è stato disposto con rogatoria dal Magistrato di Sorveglianza del luogo di detenzione ex art 666 comma 4 c.p.p..
Nelle citate dichiarazioni Tizio ha rappresentato che la rissa e le lesioni in danno di Caio erano state commesse in ragione del mancato pagamento, da parte di quest’ultimo, di una fornitura di droga e che era stato ulteriormente spinto all’aggressione dal fatto che lo aveva visto uscire dalla caserma dei carabinieri e dunque pensato che era andato a denunciarlo.
Ciò posto, essendo applicabile anche l’art. 188 disp. att., la difesa ha sottoposto al P.M. le predette circostanze e raggiunto un accordo sull’entità della pena da espiare (anni 3 e mesi 10 – anziché anni 4 e mesi 8 come da cumulo materiale).
Il Giudice deliberava avallando il ragionamento difensivo e l’accordo sulla pena intervenuto col P.M. ed emetteva ordinanza dando conto degli istituti in esame e della sussistenza del vincolo della continuazione tra le due sentenze passate in giudicato.