La convivenza burrascosa non esclude il reato di maltrattamenti in famiglia
Reato di maltrattamento in famiglia
La convivenza burrascosa non esclude il reato di maltrattamenti in famiglia
(Cass.Pen. VI 30 settembre 2020 n. 28776)
La Suprema Corte , nei più recenti arresti pretori, riaffronta la circostanza della forte conflittualità tra coniugi o conviventi, quale potenziale causa di esclusione del reato di maltrattamenti in famiglia. In verità, già in passato, gli ermellini hanno avuto modo di chiarire che per la configurabilità della fattispecie ex art. 572 c.p. non è richiesta una totale soggezione della vittima all’autore del reato , in quanto la norma, nel reprimere l’abituale attentato alla dignità e al decoro della persona, tutela la normale tollerabilità della convivenza. Il reato di cui all’art. 572 c.p. può sussistere anche in un contesto familiare caratterizzato da forti tensioni ascrivibili ad entrambi i coniugi, tra i quali viene a crearsi un clima di reciproca insofferenza ed intollerabilità, considerato che tale situazione non legittima reazioni che insistono su condotte abitualmente proiettate all’aggressione, alla mortificazione ed all’umiliazione della controparte. Stante il bene protetto dalla norma di cui all’art. 572 c.p., non devono essere confusi gli interessi offesi dal reato (dignità personale ed armonioso sviluppo della stessa da preservare a fronte della altrui reiterata aggressione) con le reazioni soggettive della vittima. Il reato di maltrattamenti in famiglia è integrato dalla condotta dell’agente che sottopone la moglie ad atti di vessazione reiterata e tali da cagionarle sofferenza, prevaricazione e umiliazioni, costituenti fonti di uno stato di disagio continuo ed incompatibile con normali condizioni di esistenza. E ad integrare l’abitualità della condotta non è necessario che la stessa venga posta in essere in un tempo prolungato, essendo sufficiente la ripetizione degli atti vessatori, come sopra caratterizzati ed “unificati”, anche se per un limitato periodo di tempo, senza che valgano ad escludere il reato eventuali parentesi di normalità nella condotta dell’agente. La Sesta Sezione della Cassazione ribadisce tale indirizzo con la pronuncia n. 28776 del settembre 2020 che non esclude il reato solo perché la convivenza è burrascosa o vi è un testimone che afferma che “ i due sono matti che si prendono e si lasciano”. La Corte ha sul punto rilevato che a fronte di un rapporto altalenante, i testi avevano comunque accreditato la conclusione che fosse ravvisabile una convivenza, al dilà della natura conflittuale della stessa, anche se in taluni periodi bruscamente interrotta anche per effetto di condotte prevaricatrici del prevenuto.
Avv. Carla Maresca